Confisca del bene donato ai figli
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4456/2022, ha ritenuto illegittima, in caso di reati tributari, la confisca del bene immobile donato ai figli senza la prova che si tratta di un trasferimento fittizio volto a sottrarre garanzie in danno all’Erario.
Il caso
Il legale rappresentante di una società veniva condannato dalla Corte di appello per il reato di omesso versamento Iva ed era disposta la confisca per equivalente su alcuni beni immobili. La decisione veniva impugnata in Cassazione lamentando, tra i diversi motivi, la conferma della confisca da parte del giudice territoriale nonostante i relativi beni fossero stati donati ai figli dell’interessato. Più precisamente, gli immobili risultavano di proprietà dei figli già prima del sequestro in quanto donati dal padre in epoca precedente.
La Cassazione ha innanzitutto ricordato che per i reati tributari è sempre ordinata la confisca diretta del prezzo o del profitto o quando ciò non sia possibile, per equivalente. Essa non può riguardare beni di un terzo estraneo al reato o dei quali il condannato non ha la disponibilità.
I giudici di legittimità hanno anche precisato che la «disponibilità», non è la formale titolarità, ma la concreta relazione con il bene. La definizione ai fini penali, non coincide con quella civilistica di proprietà, ma con il possesso, includendo così tutte le situazioni nelle quali il bene è nella sfera degli interessi economici del reo. Tale condizione si verifica anche quando il potere dispositivo sia esercitato tramite terzi, ma in concreto è in capo al reo (cfr. Cassazione, sentenza 34602/2021).
Nella specie, secondo la Cassazione, il giudice di merito aveva confermato la misura cautelare nel presupposto di una donazione strumentale, volta cioè alla sottrazione di garanzie all’erario, escludendo la buona fede del donante e dei donatari. Tale conclusione, però, non era supportata da prove o da un’adeguata indagine, fondandosi solo sul rapporto di parentela tra coloro che avevano ricevuto gli immobili e il reo.
Tuttavia, per i giudici di legittimità, il padre poteva aver realmente trasferito il bene ai figli, senza mantenerne l’effettiva disponibilità. Nella specie, non vi erano indizi idonei a dimostrare del fatto l’effettuazione della donazione in danno del creditore erariale. Peraltro, ove, il trasferimento fosse stato fittizio e non reale, doveva essere contestato il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (articolo 11 del decreto legislativo 74/2000). La decisione della Corte di appello era pertanto meramente assertiva e priva di affidabilità.
La pronuncia è interessante poiché pare rimarcare la necessità di un’accurata valutazione soprattutto nell’ipotesi in cui il bene da confiscare non sia di proprietà del condannato. Sebbene, infatti, sia possibile quando esista il possesso del bene a prescindere dalla titolarità, occorre pur sempre un’analisi sull’effettività dell’esercizio dei poteri dispositivi.
Competenza territoriale per reati dichiarativi
La Cassazione, con la sentenza n. 4461/2022, ha chiarito che occorre fare riferimento al domicilio fiscale del contribuente (per le società è la sede legale) per determinare la competenza territoriale dei reati tributari che si consumano con la presentazione di una dichiarazione. Nel caso questa sia fittizia, si afferma, rileva la sede effettiva.
Il caso
Il rappresentante legale di una società veniva condannato nei due gradi di giudizio per dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di documenti per operazioni inesistenti. Sin dall’inizio del procedimento l’interessato eccepiva l’incompetenza territoriale del tribunale che l’aveva condannato in quanto la società aveva la sede legale in un comune rientrante nella competenza di altro foro. Tale eccezione, era stata puntualmente respinta, in quanto la corte territoriale riteneva di dare prevalenza al luogo di presentazione della dichiarazione da parte dell’imputato, avvenuta, nella specie, in altro comune. Inoltre, ai fini tributari, l’accertamento e i controlli erano stati svolti dall’ufficio del comune di ubicazione del tribunale che aveva giudicato.
La Corte di cassazione, cui veniva riformulata la medesima eccezione, ha invece rilevato il difetto di competenza. I giudici hanno evidenziato il consolidato orientamento di legittimità in base al quale nei reati tributari dichiarativi la competenza territoriale è determinata dal luogo in cui la società ha la sede legale salvo che non sia meramente fittizia, e in tal caso rileva la sede effettiva dell’ente.
Di conseguenza, il locus commissi delicti va individuato per le persone giuridiche nel domicilio fiscale coincidente, di norma, con la sede legale, salvo non emergano prove univoche idonee a dimostrare che si tratti di una sede fittizia. Solo in tal caso, il domicilio fiscale coincide con il luogo di ubicazione della sede effettiva.
Nella specie non era stata minimante posta in discussione l’effettività della sede legale posta in un comune ricadente nella competenza di altro tribunale: la Cassazione ha pertanto accolto l’eccezione di incompetenza.
La sentenza evidenzia poi che l’articolo 18 comma 2 del Dlgs 74/2000 attribuisce la competenza territoriale in base alla tipologia dei reati tributari: per gli illeciti previsti al capo I (tra cui vi rientrano i delitti dichiarativi) si fa riferimento al luogo di domicilio fiscale, invece, per gli omessi versamenti, (inclusi nel capo II del decreto) si osservano differenti regole
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