Capita molto spesso che a fronte della ripresa di un costo da parte dei verificatori in capo alla società A non corrisponda un correlato rimborso in capo alla società B. A risolvere questo problema sono intervenute alcune recenti pronunce giurisprudenziali (da ultima, CTR Lombardia n. 486/2018) che si sono espresse in merito alla deducibilità dei costi per i servizi infragruppo in caso di consolidato fiscale nazionale. La questione aveva fatto sorgere numerosi dibattiti in dottrina e richiedeva da tempo un'interpretazione chiarificatrice.
Le conclusioni cui è arrivata la Commissione Regionale Tributaria traggono origine da un contenzioso, sollevato dall’Agenzia, nei riguardi di una società, per assenza del requisito di inerenza. In quell’occasione, l’Amministrazione aveva ritenuto i costi oggetto di verifica non ricollegabili all’attività di impresa della consolidante in quanto generatori di un’utilità canalizzata unicamente verso la società fruitrice, che trascura in tal modo l’interesse del Gruppo inteso nella sua totalità.
La Commissione è intervenuta riconoscendo che in mancanza di un danno per l’Erario, l’Amministrazione finanziaria non può porre in discussione la ripartizione dei costi tra due o più società che partecipano ad un consolidato fiscale nazionale poiché ciò determinerebbe un’azione in contrasto con il divieto di doppia imposizione. La CTR ha specificato altresì che la strategia e la finalizzazione degli investimenti effettuati all’interno di un gruppo non possono essere confinate entro i limiti che valgono per l’investitore singolo.
Dal punto di vista fiscale perciò, l’interesse del gruppo (considerato nel suo complesso come unica impresa) viene quindi dichiarato degno di tutela e riconoscimento, prescindendo dal beneficio economico immediato, in quanto è da considerare che la riferibilità di un comportamento diretto a perseguire l’interesse dell’impresa dovrebbe prevalere sulla diversa soggettività giuridica della società cui il vantaggio è riferito.
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