I dividendi percepiti dalle società sono di norma esclusi dalla formazione del reddito per il 95% del loro ammontare. Sono cioè imponibili nella misura del 5%, il che è come dire che, essendo l’aliquota IRES pari al 24%, la loro tassazione avviene con un’aliquota dell’1,2%.
Questa è la regola del Testo unico delle imposte sui redditi, che trova eccezione per i dividendi provenienti da Paesi a regime fiscale privilegiato, tassati per intero. Pochi sanno, però, che vi è un’altra eccezione, in senso stavolta più favorevole, all’interno dell’Unione europea: si tratta dei dividendi provenienti da una controllata di diritto tedesco.
Per identificare le modalità di tassazione in tale particolare ipotesi, occorre fare riferimento alle disposizioni sancite a livello convenzionale.
L’articolo 24 della Convenzione internazionale stipulata tra la Repubblica Italiana e la Repubblica federale di Germania per evitare le doppie imposizioni prevede al paragrafo 2 che:
– se un residente della Repubblica italiana riceve elementi di reddito imponibili nella Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana, nel calcolare le proprie imposte sul reddito, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che altre espresse disposizioni della stessa Convenzione non stabiliscano diversamente;
– sono esclusi dalla base imponibile italiana i redditi derivanti dalla percezione dei dividendi pagati ad una società, diversa da una società di persone, residente in Italia da parte di una società residente nella Repubblica federale di Germania, il cui capitale sociale è direttamente detenuto per almeno il 25% dalla società italiana.
Al riguardo, l’Amministrazione finanziaria potrebbe eccepire che il suindicato metodo per eliminare la doppia imposizione operi nei soli casi di doppia imposizione giuridica, legata alla circostanza che uno stesso elemento di reddito sia tassato nello Stato di residenza e in quello della fonte (tramite ritenuta alla fonte) in capo al medesimo soggetto.
Tuttavia la norma pattizia (il già citato articolo 24, paragrafo 2, capoverso b della Convenzione Italia – Germania) deve essere interpretata, anche alla stregua del modello di Convenzione Ocse e del relativo Commentario agli articolo 23A e 23B, come comprensiva anche della doppia imposizione economica internazionale, cioè la duplice tassazione, ad opera di imposte analoghe, da parte di due Stati, della medesima capacità economica in capo a due soggetti distinti, e, in particolare che si verifica qualora i beneficiari dei dividendi siano società che, a loro volta, distribuiscono dividendi.
Ne consegue l’esclusione dalla base imponibile di una società italiana dei dividendi erogati da una sua partecipata tedesca nella quale possieda almeno il 25% del capitale.
Tale conclusione è stata confermata anche dalla suprema Corte di cassazione con la recente sentenza n. 30140/2019, pubblicata il 20.11.2019.
Ad avviso della Suprema Corte, l’esclusione da imposizione in Italia dei dividendi pagati da una società tedesca, disposta dall’art. 24, par. 2, della Convenzione Italia-Germania al ricorrere della condizione del possesso del 25%, è espressa in termini incondizionati e non è correlata all’ipotetico ulteriore presupposto della doppia imposizione giuridica (che, pur non ricorrendo nel caso di specie, si sostanzierebbe nella contemporanea imposizione, alla fonte, sugli stessi dividendi, da parte dello Stato tedesco).
I giudici ribadiscono che le Convenzioni, una volta recepite nel nostro ordinamento con legge di ratifica, acquistano il valore di fonte primaria ai sensi degli artt. 10 e 117 della Costituzione, nonché dell’art. 75 del DPR 600/73; tali norme affermano il principio che le Convenzioni, così come le altre norme pattizie internazionali, prevalgono sulle corrispondenti norme interne.
Pertanto, nel caso di specie, l’esclusione convenzionale dalla base imponibile disposta dall’art. 24, par. 2, lett. b) della Convenzione Italia-Germania prevale sull’imposizione del 5% dei dividendi distribuiti alla controllante residente in Italia prevista dall’art. 89 comma 2 del TUIR.
Tale impostazione, prosegue la Suprema Corte, non viene meno per effetto dell’introduzione della direttiva “madre figlia” (posteriore al Trattato bilaterale con la Germania), posto che la stessa disposizione comunitaria lascia impregiudicata l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi.
Comments