Le delibere che stabiliscono l’ammontare annuale della quota di trattamento di fine mandato (Tfm) da accantonare, ancorché successive a quella istitutiva del Tfm stesso, in caso di rinnovo senza soluzione di continuità degli amministratori iniziali, ne legittimano la deduzione.
A stabilirlo la Cgt del Veneto con la sentenza n. 943/01/2023.
La Corte ha valutato illegittimo il recupero a tassazione dell’accantonamento per competenza della quota di Tfm relativa all’esercizio 2015, ritenuto privo del requisito della “data certa anteriore all’inizio del rapporto” e dell’importo del fondo Tfm, contabilizzato in alcune annualità pregresse (2009, 2010 e 2014).
L’Agenzia riqualificava tali ultimi accantonamenti come “sopravvenienze attive” conseguenti a passività insussistenti in quanto privi del requisito della “data certa anteriore” al rapporto.
Gli amministratori nominati venivano periodicamente rinnovati in continuità.
In particolare, l’assemblea dei soci, con delibera del 2007 avente il requisito della «data certa», riconoscendo agli amministratori nominati il diritto alla percezione del Tfm, ne stabiliva l’iniziale ammontare. Tale circostanza non veniva contestata dall’agenzia delle entrate, la quale, infatti, riconosceva la deducibilità degli accantonamenti per gli anni 2007 e 2008.
Per gli esercizi 2009-2010 e 2014-2015 l’assemblea dei soci, non mutando l’iniziale volontà di riconoscere agli amministratori il Tfm, si limitava soltanto a rideterminarne l’importo in misura inferiore rispetto alla quantificazione originaria.
Alla luce di quanto sopra, quindi, la Cgt veneta di secondo grado ha riconosciuto per le annualità contestate la deducibilità delle quote di Tfm accantonate, ricordando, al contempo, che nel caso di accantonamenti pluriennali, il termine di decadenza dell’accertamento decorre dall’anno di riferimento di ogni singolo rateo e «non dal momento dell’iscrizione in bilancio del fatto generatore».
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